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Dott. Angelo Villa

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Recensioni: Benedetto Genovesi, La cura psicoanalitica

2025-02-04 01:32

di Samantha Van Wel

FORT-DA numero 4/2025,

Recensioni: Benedetto Genovesi, La cura psicoanalitica

Recensioni: Benedetto Genovesi, La cura psicoanalitica| di Samantha van Wel

LA CURA PSICOANALITICA. In un intreccio interdisciplinare tra fisica quantistica, filosofia e neuroscienze.

 

di Benedetto Genovesi

 

Franco Angeli. Milano. 2024

  

  

Recensione di Samantha van Wel

 

 

 

“Quando c’è una bella notte stellata, il signor Palomar dice: devo andare a guardare le stelle. Dice proprio devo. Perchè odia gli sprechi e pensa che non sia giusto sprecare tutta quella quantità di stelle che gli viene messa a disposizione.”

 

Italo Calvino

 

 

Non ci può essere cura senza amore e non ci può essere amore senza relazione. L’amore è l’essenza della relazione e la relazione è l’essenza dell’esistenza.

Questo è il messaggio più prezioso che mi è arrivato, navigando con l’autore, nel mare vasto e affascinante della cura del profondo.

In maniera fluida, semplice e poetica, Genovesi ci conduce attraverso la comprensione, quasi immediata, della sofferenza psichica ed emotiva che sta alla base di disagi importanti come quando ci parla di psicosi, di trauma e dissociazione (tema su cui verterà la recensione, nello specifico) e lo fa rendendo semplice il complesso, denotando così grande amore, passione e competenza per l’universo psichico. Un po’ come accade nella reverie materna, quando la mamma dà senso alla complessità del mondo e la restituisce al suo bambino, digerita e alla sua portata. Si tratta, infatti, di un testo fruibile da tutti, dai curiosi della vita e dell’esistenza, fino agli addetti ai lavori.

 

Genovesi ci trasporta in mare aperto, nel mondo vasto, meraviglioso, commovente e anche struggente della cura, di ciò che non ha funzionato nella vita e nella relazione primaria, di ciò che causa sofferenza. Lo fa in un modo non usuale, tutto suo, profondo e leggero allo stesso tempo, colto e vivace, fluido e vulcanico, romantico e rigoroso, come è lui. Questo libro, non è solo poetico ma anche sensoriale. Mentre leggiamo, è come se fossimo seduti accanto all’autore, mentre ci racconta e ci condivide i suoi pensieri e le sue riflessioni sulla forza curativa della relazione terapeutica e della relazione d’amore. Se chiudiamo gli occhi, possiamo percepire e sentir risuonare nelle nostre cellule la potenza della terra, da cui provengono le sue parole, gli elementi della natura, il mare, la luna, le stelle e i vulcani. Genovesi riesce a mettere insieme in maniera interessante, affascinante, mai banale, i diversi saperi quali psicoanalisi, neuroscienze, fisica quantistica e filosofia, in una danza armonica, poetica e sensuale. Dove tutto è interconnesso e non c’è separazione, nemmeno tra la terra e il cielo. Il legame d’amore, come un filo rosso, invisibile ma percepibile, ci lega e ci legherà sempre anche a chi non c’è più. Ci sono legami che non si possono recidere. C’è sempre una possibilità di trasformazione e di una nuova nascita, poiché esiste un rapporto intimo tra ogni cosa. C’è passione e sensualità nelle sue parole, c’è amore.

Tutto è in relazione, la ferita nasce nella relazione ed è attraverso di essa che la ferita va curata. E allora, dalla sofferenza, dalla frammentazione del sé, dalla dissociazione, dal perdersi, il lavoro con l’analista riporta l’analizzando a rinascere a sé, attraverso l’unicità e la forza del legame della relazione, del tempo e dello spazio intimo del campo analitico, contenitore che si autodetermina nel suo continuo divenire. “Nel campo analitico siamo entrambi immersi insieme ed è possibile qualsiasi movimento e cambiamento.” (p. 53). Man mano che la relazione analitica prende forma e il legame terapeutico si rafforza, attraverso la fiducia, l’alleanza e la sintonizzazione reciproca, è possibile la cura, quell’esperienza trasformativa e integrativa della sofferenza, che Goethe ci spiega molto bene, quando ci parla di affinità elettive. Egli definisce l'affinità elettiva come una circostanza eccezionale, caratterizzata dall'incontro di due soggettività tra le quali si stabilisce repentinamente una sintonia totale, che investe sia il corpo sia l'anima. Questa sintonia, ci dice ancora, non implica né l'identità dei soggetti né la loro complementarietà. Questa intimità che si crea, non può può essere espressa dalle parole, si tratta di un'intimità viscerale, le cui radici affondano nell'inconscio. Sono due mondi di esperienza che vibrano all'unisono.

Tutto è collegato quindi nella cura dell’anima. Nella vita, ognuno di noi è interconnesso al tutto che ci comprende, che ci lega e muove nella sua impermanenza, dando senso a ciò che siamo e viviamo, dando senso a ciò che è. Come il mare che è vita, è potente e terapeutico, cura e lega, culla e, magari, su stimolo di Genovesi che riprende il termine siciliano da Siracusano, ci azzardiamo a dire “cunza”, sa essere dolce e impetuoso, rigenerante e spaventoso, trasparente e torbido, chiaro e scuro. Il mare è l’elemento che Genovesi ci nomina e ci ricorda ogni volta, come se potessimo averlo sempre davanti agli occhi, sentirne il suono di sottofondo, percepirne il movimento e l’energia. Questo è un libro sensoriale che parla d’amore, ce ne fa fare esperienza incarnata.

Non ci può essere separazione quindi, ci serve l’integrazione e in questa opera lo sperimentiamo in ogni istante. Tutto è interconnesso ed è attraverso la relazione che noi possiamo esistere perché è dalla relazione che veniamo generati. “Noi in quanto mammiferi, ci sviluppiamo e nasciamo nel corpo dell’altro, per cui la relazionalità è implicita nel nostro essere, sin dalla vita intrauterina.” (p. 53).

In particolare, l’integrazione è necessaria quando parliamo di dissociazione e trauma. Ed è proprio nel capitolo sette dedicato al trauma e alla dissociazione che Genovesi ci spiega bene come le prime esperienze del neonato, quelle che si verificano nelle fasi precoci dell’esistenza (quando ancora l’ippocampo non è arrivato a maturazione), sono pre-verbali e pre-simboliche. Esse vengono archiviate nella memoria implicita e costituiscono le tracce originarie dell’inconscio non rimosso. Questi stati affettivi sono somatici, non possono quindi essere rimossi e gli affetti troppo soverchianti o intensi per il soggetto vengono, per difesa, dissociati. “Non possono essere rimossi gli stati affettivi e propriocettivi, limbici e trocoencefalici. Tali stati sottocorticali possono solo essere dissociati […] Dell’affetto dissociato resta solo una traccia sensoriale, che viene tagliata fuori della coscienza” (p. 83).

Le esperienze traumatiche possono mettere in crisi il sistema di attaccamento del bambino e ne minacciano l’organizzazione psicosomatica, si perde il senso del mondo. Quando questo accade, ci dice Genovesi, non sono più consentite l’omeostasi, la costanza del Sè e l’allostasi. Perciò si crea un disallineamento tra mondo interno e mondo esterno, tra Sè e altro da Sè.

In questo capitolo, l’autore ci offre il suo contributo sul trauma accompagnandoci in maniera chiara, fluida e organica, riferendosi ai principali autori che parlano di trauma e dissociazione, quali Janet, Van der Kolk, Van der Hart, Green, Bromberg e poi ancora Lombardi, Mucci e Siracusano, per citarne alcuni.

La dissociazione, ci dice Genovesi, si verifica a partire dalla de-sincronizzazione dei ritmi biologici e psicologici tra madre e bambino.“Si perde la sintonizzazione reciproca e il bambino, si disorienta e se ne va per i fatti suoi”. (p. 84). Così in una personalità dissociativa, ci sono aree che rimangono espropriate ed emozioni non vissute. Succedono quindi cose che non possono essere ricordate né raccontate, il soggetto fa qualcosa senza sapere cosa sta facendo e, soprattutto, chi la sta facendo. Avviene una frammentazione della soggettività e una dissociazione tra mente e corpo.

Dal punto di vista neurobiologico, infatti, Genovesi ci spiega che i sistemi sottocorticali si sganciano da quelli corticali e si destabilizzano. Poichè non c’è una mediazione corticale, quindi non vi è pensiero, si creano disfunzionalità della modulazione dei sistemi simpatico e parasimpatico, in senso internalizzante o esternalizzante, attraverso azioni e reazioni di tipo implosivo o esplosivo. “In alcuni casi, è come una massa di lava incandescente, in altri casi è come una massa di ghiaccio congelante che si stratifica nella sensorialità profonda. O si reagisce esageratamente con rabbia e aggressività; o ci si congela e non si reagisce per nulla.” (p. 85). L’autore usa metafore, che fanno riferimento agli elementi della sua terra, con una naturalezza che ci porta immediatamente a cogliere a livello sensoriale e figurativo, ciò che accade nel nostro corpo e nella nostra reattività autonomica di attaco/fuga versus collasso.

E’ molto bello come, Genovesi, mentre ci parla degli aspetti neuroscientifici e neuobiologici, di amigdala e del sistema polivagale di Porges, faccia riferimenti ai fenomeni naturali. Ma non solo, ci cita anche Goethe, riferendosi alla capacità dell’essere umano di tollerare solo un determinato grado di sventura, oltre il quale avviene una cancellazione o un senso di anestesia o indifferenza. Laddove, disperazione e speranza si fondono e danno origine a una cupa insensibilità.

La dissociazione, inoltre, va al di là delle coordinate spazio-temporali e mantiene il soggetto costantemente in un senso di pericolo che però non è più presente. Infatti si confondono passato, presente e futuro.“Il trauma si presenta e si ripresenta, ma non si rappresenta.” (p. 88).

Ancora cito le parole di Genovesi, quando dice che “Si mettono in atto agiti non pensati. C’è qualcosa di molto potente che chiede di essere messo in atto, che spinge all’azione. Come una coazione a ripetere, per effetto di ricordi intrusivi, ripetitivi e reiterati” (p. 89).

Sebbene il passato non si possa cancellare né cambiare, l’autore ci lancia un capovolgimento di visione per cui il passato è aperto a reinterpretazioni, mentre il futuro può avere ancora sviluppi imprevedibili e favorevoli. Ci vuole però la giusta andatura, ci dice l’autore, citandoci Kundera, è necessario riallineare la sensorialità e riattivare una rappresentazione simbolica, che restituisca senso alle sensazioni ed emozioni provate, al fine di superare il trauma. Il processo analitico deve essere lento per poter andare in profondità richiede un suo tempo, pazienza e amore. Il vissuto va rielaborato e reintegrato su un piano di realtà, per ritrovare un riequilibrio fisiologico e affettivo nel presente.

E allora sottolineiamo, nuovamente, l’importanza della cura psicoanalitica affinché possa avvenire una trasformazione delle impressioni sensoriali delle esperienze precoci preverbali, operando cambiamenti nelle dinamiche inter-neuronali. E’ importante che la relazione e il processo di cura non facilitino solo la scarica emotiva bensì la trasformazione affettiva del vissuto. “In ogni caso, nell’elaborazione del dolore, così come nel tentativo di affrontare un trauma, non è sufficiente l’abreazione di quantità di stimoli dolorosi o traumatici. Bensì, la situazione deve diventare anche, qualitativamente, differente da ciò che è propriamente traumatico, per rendere possibile una diversa soluzione, per riscrivere una storia diversa, usando le potenzialità creative della dissociazione e della relazione”. (p. 92)

E’ la relazione di cura, infatti, che permette questa trasformazione, il lavoro dell’analista, in una buona relazione con l’analizzando, ha una funzione di testimonianza, riparativa e integrativa dei frammenti di sè. Perchè, come ci dice Genovesi, testimoniare è sollevare e sostenere. Essere tenuti a mente da qualcuno, in particolare dall’analista, ci permette di metterci in contatto con noi stessi.

In questo modo il paziente ha la possibilità di pensare a ciò che prima era impensabile, a rappresentare ciò che prima era irrappresentabile e dare senso a ciò che prima non poteva essere integrato. “In analisi, analista e analizzando, nuotano nello stesso mare, affinché si possa giungere , di tanto in tanto, a qualche isola nell’oceano. L’analista deve, in qualche modo, condurre il processo analitico dell’analizzando. Se nuotiamo in mare e siamo in compagnia di qualcun altro, nuotando in scia di un altro nuotatore che ci precede, andiamo più veloci. Infatti, il nuotatore che ci precede, con il suo battito delle gambe, crea un vortice che ci aspira, ci tira, come fosse un filo invisibile che ci traina”. (p. 52)

E, dalla relazione tra analista e analizzando si crea un campo analitico multidimensionale, dall’incontro tra i loro due corpi si crea un terzo corpo, come in una relazione tra amanti si crea uno spazio intimo e un noi.

Perchè in fondo, amare è proteggere e prenderci cura.

 

 

 

 

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