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Dott. Angelo Villa

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Alterazioni delle coordinate temporo-spaziali nella psicosi

2024-07-19 01:42

di Benedetto Genovesi

FORT-DA numero 3/2024,

Alterazioni delle coordinate temporo-spaziali nella psicosi

Alterazioni delle coordinate temporo-spaziali nella psicosi di Benedetto Genovesi

Si ha uno sviluppo normale se la relazione tra il bambino e il seno permette al bambino di proiettare un vissuto, ad esempio quello di stare per morire, nella madre e di reintroiettarlo dopo che un soggiorno nel seno, l’ha reso tollerabile per la psiche del bambino. Invece, se la proiezione non è accettata dalla madre, il bambino sente che il vissuto di stare per morire è spogliato di senso e di un siffatto significato; di conseguenza, non reintroietta una paura di morire che è divenuta tollerabile, ma un terrore senza nome (Bion, 1967, p. 128). 

Se nella relazione primaria, la madre non riesce a sintonizzarsi col bambino e volge lo sguardo altrove, il bambino verrà sopraffatto dall’angoscia.

Molti lattanti … devono avere una lunga esperienza di non vedersi restituito ciò che essi danno. Guardano e non si vedono … in tal caso la faccia della madre non è uno specchio … alcuni bambini tormentati da questo tipo di relativa privazione materna, studiano il volto materno continuamente variabile, nel tentativo di predire l’umore della madre, tal quale come noi studiamo le condizioni meteorologiche .. ciò porta minaccia e caos e il bambino organizzerà un ritirarsi in sé stesso (Winnicott, 1971, p. 177-178).

Ora, se l’oggetto risponde in maniera assente o assillante o fuorviante, viene compromessa la possibilità di creare il rapporto col mondo ed allora gli elementi sensoriali restano tali e possono prendere la via dell’allucinosi. Si genera un eccesso di sensorialità, incontenibile e incomprensibile. In tali condizioni di mancato riconoscimento, si scatena una fortissima angoscia di disintegrazione, in risposta alla quale il rimedio potrebbe sembrare quello di ritirarsi in un mondo di fantasticherie. 

Se non ci si sente al sicuro nella relazione con l’oggetto primario e si prova terrore, allora si cerca conforto negli oggetti interni idealizzati.

Come dice Melanie Klein, è come se accanto ai rapporti con oggetti reali, benché per così dire su un altro piano, sussistono rapporti con imago irreali - figure straordinariamente buone e straordinariamente cattive - e che i due tipi di rapporti oggettuali si frammischiano e s’influenzano a vicenda (Klein, 1935, p. 321).

Già Freud, nel ripensare all’angoscia, riflette sul fatto che l’angoscia (Angst) ha un’innegabile connessione con l’attesa: è angoscia prima di e dinanzi a qualche 

cosa. Possiede un carattere di indeterminatezza e di mancanza d’oggetto (Freud, 1925, p. 310). Se c’è stata una buona relazione con l’oggetto primario, il neonato attende il ritorno del seno materno, con un senso di speranza nell’attesa (erwartung). E allora, l’Io che ha vissuto passivamente il trauma, ripete ora attivamente una riproduzione attenuata dello stesso, nella speranza di poterne orientare, autonomamente, lo sviluppo (Freud, 1925, p. 312)

È un modo spontaneo e naturale di “vaccinarsi” rispetto agli “urti” della vita.

Si pensi, ad esempio, al “gioco del rocchetto”.     

Ma questo non è sempre possibile. Perché se non c’è stata o non c’è ancora una buona relazione d’amore con l’oggetto primario, e quindi nulla è ancora accaduto, l’angoscia è attesa di non si sa cosa, di qualcosa di sconosciuto, che lascia il neonato in uno stato di sconforto, senza aspettative e senza speranza (abwarten). 

Questo ci fa pensare che se la madre non è in grado di svolgere una buona funzione di amorevole contenimento e comprensione, il bambino si troverà sommerso da qualcosa che ritorna a lui come un uragano incontenibile. Ci si sente irrimediabilmente soli e senza via d’uscita. Si sprofonda nel buio e può essere sconquassato l’apparato percettivo dell’organismo mentale. Non c’è una chiara distinzione tra Sè e altro da Sè e si vive in uno stato di fusione e confusione. Da qui, si può generare l’origine della psicosi, in cui si cade in -K. Viene distrutto tutto e si può sprofondare nel nulla. 

Tonia Cancrini (2021) dice che come in una violenta implosione si può sprofondare nella noia, come in un buco nero. E citando Leopardi, ci fa notare che la noia è il contrario della vita, per cui quando i nostri occhi non potranno più parlare all’altrui core, in quel 

momento ci sarà solo chiusura e poi il nero buio della solitudine e della noia, saranno ancora più presenti (Cancrini, 2021, p. 90)Nella noia, non solo è annientato il terreno degli affetti, ma è annullato anche il campo del pensiero e della fantasia. L’oggetto non c’è e il soggetto è solo, avvolto in una fitta nebbia e in un modo desertificato. 

La mancata sintonia nella relazione primaria, impedisce al bambino di sviluppare la tolleranza della frustrazione. E se il bambino non riesce a sviluppare una buona tolleranza della frustrazione, allora non può sviluppare l’apparato per pensare i pensieri (funzione alfa o dream like thinking). Conseguentemente, si sviluppa l’apparato per evacuare le emozioni. È come se si verificasse il ribaltamento della sensorialità, la quale anziché funzionare in senso ricettivo, funziona in senso evacuativo. Prevale il meccanismo dell’identificazione proiettiva massiva e si possono sviluppare trasformazioni proiettive e trasformazioni in allucinosi, entrambe espressione della parte psicotica della personalità. Le trasformazioni proiettive comportano il dislocamento di sensazioni ed emozioni nella realtà esterna, ovvero assistiamo all’espulsione di contenuti emotivi e dei rispettivi contenitori. Come fossero “particelle” o “oggetti bizzarri” che circondano, persecutoriamente, il soggetto (Riolo, 2021). 

Per cui, in questa situazione lo spaziotempo risulta alterato, piegato, incurvato. L’orizzonte percettivo si amplia e si modifica (De Masi, 2022).

Il Cielo sembra sempre più lontano. Il mondo dello psicotico ne risulta alterato. 

Quindi, possiamo dire che la mente psicotica è una mente sensoriale, caratterizzata da una

ipersensorialità, incontenibile e incomprensibile, senza senso o con senso bizzarro.

Si perde il contatto con la realtà. Come un palloncino di elio a cui sia stato reciso il filo. E il palloncino vaga nell’etere, senza sapere dove sta andando. 

Il delirio, corrispondente a -K, rappresenta un tentativo di rammendo nei confronti dello strappo nel rapporto con la realtà.

Suggestiva è la sovrapposizione tra sogno e psicosi. Già Freud, considerava che lo stato mentale proprio del sogno e della psicosi avessero un’origine comune. Egli considerava che nelle condizioni psichiche del sogno e della psicosi, la mente viene sopraffatta dall’inconscio e quindi si trova in balìa delle pulsioni. Per cui, durante il sogno e nella psicosi, la relazione dinamica tra l’Io e l’Es si sbilancia in favore di quest’ultimo; ovvero, nel sogno e nella psicosi, l’Es comanda sull’Io. Il cavallo imbizzarrito sfugge al controllo del cavaliere. Le pulsioni si accentuano, sovrastando ciò che resta dell’Io e si verifica la regressione funzionale dal processo secondario al processo primario. Vi è, quindi, un’inversione dell’equilibrio dinamico, con inibizione dell’Io e concomitante attivazione dell’Es. Inoltre, per effetto della regressione topica, l’eccitamento segue una via retrograda e viaggia dal polo motorio verso il polo senso-percettivo. Ecco il prodursi dell’allucinazione, grazie alla regressione topica verso il sistema senso-percettivo. 

Qui, già Freud aveva intuito che nella spiegazione della regressione onirica, si dovranno tuttavia prendere in considerazione le altre regressioni che si verificano in stati di veglia patologici (Freud, 1899, p. 504). 

Dunque entrambi, sogno e psicosi, sono accomunati da meccanismi regressivi che alterano la percezione della realtà. La differenza è che il sogno è delimitato e a un certo punto, quando ci svegliamo, finisce. Invece, la psicosi no. 

Nella psicosi c’è un’assenza di limiti e di confini che genera caos, confusione e disorientamento. Il paziente psicotico è perso e disperso, in un mondo parallelo senza coordinate temporospaziali. 

La psicosi, potremmo dire è un processo allagante e dilagante, senza limiti né confini, che richiede un intervento terapeutico per essere arginato ed elaborato.

Freud (1924) osserva che lo psicotico rinnega la realtà e cerca di rimpiazzarla. Il mondo dello psicotico diventa un mondo parallelo, rispetto a quello reale. Melanie Klein (1930) nota come i bambini psicotici possono vivere quasi esclusivamente in un mondo di fantasie, non riuscendo a tollerare le frustrazioni imposte dalla realtà.   

Conseguentemente, il mondo sensoriale rimane staccato da quello reale e il soggetto può abitare ora nell’uno e ora nell’altro.

Gli psicotici possono stare o in simbiosi con l’altro, in una condizione in cui sono fusi e confusi con l’altro; oppure, al polo opposto in una condizione di chiusura “autistica”, in cui sono isolati e avulsi dalla relazione. In entrambe le condizioni, saltano le coordinate temporo-spaziali del mondo. Il tempo sembra senza limiti, lo spazio collassa. Manca lo spazio vitale in cui si possa distinguere il Sè dal non-Sè. 

Da un lato, il passaggio degli stimoli dalla lontananza alla vicinanza, dal mondo esterno al mondo interno, avviene con maggiore rapidità e minore gradualità, e rimanda a una specie di improvvisa frattura della continuità tra sé e altro da sé. D’altro lato, tuttavia, lo psicotico viene inghiottito nel vortice del mondo fantasmatico interno, come fosse un buco nero. Il paziente psicotico viene sopraffatto da una ipersensorializzazione di alcuni dati percettivi, da un’esperienza sensoriale iperintensa e fissa. Si perde 

il senso delle cose. Si viene sopraffatti da stimoli ipersensoriali. Si attivano angosce persecutorie.

Correale (2021) accosta la depersonalizzazione psicotica, alla “crisi della presenza” e ai “vissuti apocalittici” di cui parla De Martino, in cui il soggetto vive un senso di mistero intollerabile e sprofonda in un senso di insopportabile sperdimento ipersensoriale e spaesamento. In tale condizione, si crea uno spazio senza fine, senza limiti né confini, come un’immensità, uno smarrimento, un’ampiezza eccessiva.   

C’è un eccesso di sensorialità e di persecutorietà, da un lato; e d’altro lato, un difetto di tenuta psichica, di tolleranza della frustrazione e di rappresentazione simbolica.

Lo psicotico è solo e sprofonda nel vuoto. È perso e disperso da solo di notte, al buio, nell’oscurità della foresta e viene sopraffatto da un miscuglio ipersensoriale angosciante, che lo inghiotte. 

 

Bibliografia.

 

Bion W.R. (1962). Apprendere dall’esperienza. Armando. Roma. 1972.

 

Bion W.R. (1967). Riflettendoci meglio. Astrolabio. Roma. 2016.

 

Cancrini T. Un tempo per l’amore. Franco Angeli. Milano. 2021.

 

Correale A. La potenza delle immagini. Mimesis. Roma. 2021.

 

De Masi F. La realtà virtuale e i suoi rischi. In Rivista di Psicoanalisi. 3, 725-739. 2022.

 

Freud S. (1899). L’interpretazione dei sogni. OSF. 3.

 

Freud S. (1924). La perdita di realtà nella nevrosi e nella psicosi. OSF. 10.

 

Freud S. (1925). Inibizione, sintomo e angoscia. OSF. 10.

 

Klein M. (1930). La psicoterapia delle psicosi. In Scritti (1921-1958). Bollati Boringhieri. Torino. 1978.

 

Klein M. (1935). Contributo alla psicogenesi degli stati maniaco-depressivi. In Scritti (1921-1958). Bollati Boringhieri. Torino. 1978.

 

Riolo F. Trasformazioni in allucinosi. In Rivista di Psicoanalisi. 3, 635-649. 2010.

 

Winnicott D.W. (1971). Gioco e realtà. Armando. Roma. 2006.

 

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