Cinema e letteratura continuano ad essere un vero e proprio campionario dell’animo umano, terreno fertile su cui continuare a riflettere.
Quando parliamo di psicosi non possiamo non citare immediatamente Norman Bates, indimenticabile protagonista della pellicola “Psyco” realizzata dal grande regista del brivido Alfred Hitchock.
Ispirato all’omonimo romanzo del 1959 scritto da Robert Bloch, la storia si basa sulle reali vicende del serial killer Ed Gein passato alla storia con il soprannome del “macellaio di Plainfield”.
Nel 1960, il regista britannico naturalizzato statunitense, realizza un film destinato a fare la storia del cinema che, negli anni, genererà sequel, spin-off e documentari che segneranno per sempre l’immaginario collettivo, non solo per la trama e la magistrale interpretazione di Anthony Perkins, ma soprattutto per l’attenta riproduzione su grande schermo degli intricati meccanismi della psiche umana.
“Psyco”, che tanto disturba lo spettatore a distanza di anni, si regge sul concetto di “perturbante” (unheimlich/heimlich) che costringe, inevitabilmente, a fare i conti con le proprie paure ed entrare, con tutti e due i piedi o meglio, con tutti e due gli occhi, nella mente di uomo apparentemente normale che, con cura e dedizione, gestisce il motel di famiglia.
Norman, però, non è solo il giovane premuroso e gentile che accoglie i clienti ma è un uomo affetto da una psicosi caratterizzata dal disturbo dissociativo dell’identità che lo porta a compiere gesti efferati e sconvolgenti, rendendolo una figura complessa e ricca di sfumature.
La psicosi di Norman inizia a generarsi nella sua infanzia segnata da un rapporto morboso con la madre Norma, una donna possessiva e dominante che ha instillato nel figlio una visione distorta del mondo, alimentando la sua dipendenza affettiva e non consentendogli mai di superare il complesso edipico.
Ed ecco che, quando la madre muore, la personalità di Norman, incapace di elaborare e superare il lutto, si scinde in due: da un lato il giovane premuroso, attento e gentile, dall’altro una personalità alternativa basata sul riflesso dell’immagine materna. Lo scontro tra le due parti, come in una sorta di novello e inconsapevole “Dottor Jekyll e mister Hyde” è inevitabile: la parte “malata”, però, vince manifestandosi con comportamenti sempre più ossessivi, maniacali e violenti che trovano nell’iconico omicidio sotto la doccia di Marion Crane e nella pratica ossessiva di imbalsamazione di volatili i due momenti topici. Il disturbo dissociativo di Norman lo porta a credere fermamente di essere lui la donna altre, invece, pensa che sia stata la madre a compiere quegli efferati omicidi.
La psicosi di Norman, dunque, consiste nella creazione di una nuova realtà, ovviamente distorta, necessaria alla creazione di una sua personale storia, una realtà delirante con la quale cerca di compensare un vuoto traumatico. Il delirio psicotico nel quale è immerso altro non è che una difesa attraverso la quale egli ricrea la sua realtà in un disperato tentativo di sopravvivenza.
Non è un caso, infatti, che la psicosi di Norman emerga solo quando viene a contatto con figure femminili nelle quali continua a rivedere l’immagine materna e sulle quali finisce per sfogare il suo odio represso nel tentativo di cercare di reprimere le sue pulsioni erotiche.
Azioni terribili sono quelle compiute dal protagonista di “Psyco” ma, ciononostante rimane una delle figure più tragiche e dilaniate della storia del cinema: Norman è, in primis una vittima, una figura tragica che lotta invano contro i suoi demoni interiori.
La psicosi di Norman Bates ha ispirato, e continuerà a farlo ancora per molto, opere letterarie, cinematografiche e televisive diventando proprio emblema della fragilità della psiche umana e dell’oscurità che può celerarsi dentro ogni uomo.