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Dott. Angelo Villa

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Il Narcisismo: Freud, Lacan, Green

2024-03-23 00:00

di Enza Licciardi

FORT-DA numero 2/2024,

Il Narcisismo: Freud, Lacan, Green

di Enza Licciardi

Il narcisismo è parte di noi, vi sono infatti tratti narcisistici che nutrono l'autostima di ciascuno e patologie narcisistiche che trasformano la vita in sofferenza per il soggetto narcisista e per le persone a lui vicine.
Nel suo saggio “Introduzione al Narcisismo” del 1914 Freud approfondisce ulteriormente la sua teoria pulsionale. Alla precedente dicotomia tra pulsioni sessuali e pulsioni dell'Io, aggiunge un'altra distinzione che non riguarda l'energia pulsionale, introducendo infatti i concetti di “libido oggettuale” e di “libido dell'Io”, le pulsioni saranno definite in base alla meta su cui si dirige l'energia sessuale; se sugli oggetti avremo la “libido oggettuale” se sull'Io avremo la “libido dell'Io”. Durante lo stadio narcisistico le pulsioni sessuali e le pulsioni dell'Io coesistono, in seguito con l'investimento oggettuale avremo la distinzione tra libido sessuale e libido dell'Io. Nei soggetti in cui la libido sessuale si rivolge al soggetto stesso avremo un reinvestimento narcisistico sull'Io.
Freud fa derivare il termine narcisismo dalla descrizione clinica di Näcke del 1889, in cui l'autore descrive il narcisista come una persona che tratta il suo corpo come si tratta il corpo di un oggetto sessuale, osservandolo, carezzandolo, raggiungendo così il soddisfacimento sessuale.
Questo è un narcisismo patologico, ma non tutto il narcisismo è patologico. Esiste un sano narcisismo che inizia a formarsi nell'infanzia nel contesto delle relazioni con i genitori, in cui l'esperienza di sintonizzazione affettiva fra genitori e bambino, consente a quest'ultimo di interiorizzare l'affetto e le cure che riceve. Chi si prende cura del bambino in modo amorevole, lo fa crescere con la consapevolezza di essere meritevole d'amore.
Un narcisismo sano è quello di chi ha la necessità di riconoscimento, ma anche la capacità di farne a meno, di chi possiede amor proprio, ma che comunque mantiene la gratitudine per l'altro.
Parlando di narcisismo non si può non menzionare la teoria lacaniana dello sviluppo infantile, “Lo stadio dello specchio”. Secondo questa teoria il bambino in un periodo individuato tra i sei e i diciotto mesi, periodo in cui egli non è ancora in grado di muoversi autonomamente e dipende interamente dall'altro anche per il nutrimento, muovendosi aiutato da un girello e trovandosi dinanzi ad uno specchio scopre con grande gioia la sua immagine unitaria, e si identifica in essa. Il suo corpo in frammenti viene unificato nell'immagine allo specchio. Questa immagine secondo Lacan è la forma primordiale della matrice simbolica dell'Io, prima che l'Io possa oggettivarsi nella dialettica dell'identificazione con l'altro, e prima che pervenga alla soggettivazione tramite la funzione del linguaggio. Questa immagine riflessa è la forma dell'Io ideale, matrice delle identificazioni secondarie. Fondamentale per Lacan è che questa “gestalt” istituisce l'istanza dell'Io, prima della sua determinazione sociale. La funzione dello stadio dello specchio è quella di stabilire una relazione tra l'organismo e l'ambiente. Ma questa immagine riflessa allo specchio crea una frattura, in quanto è impossibile per il soggetto unirsi all'immagine riflessa. Il soggetto lacaniano è strutturalmente diviso, questa è la dimensione tragica dello stadio dello specchio, in cui il soggetto è per sempre separato dalla sua immagine ideale. Secondo Lacan nel momento in cui ci costituiamo come Io ci dividiamo per sempre da noi stessi.
Il questa fase per Lacan riveste un ruolo fondamentale la madre del bambino che, tenendolo in braccio dinanzi lo specchio e guardandolo, gli rimanda la sua immagine.
Lacan ci insegna che nella prima fase dello stadio dello specchio il bambino identifica l'immagine riflessa ad un altro sconosciuto, nella seconda riconosce l'altro ma solo come immagine non come reale, nella terza riconosce l'altro come la propria immagine.
Il narcisista è colui che resta bloccato nella terza fase dello stadio dello specchio perché non riesce a liberarsi dal fascino che quella immagine gli procura. È solo l'incontro con l'altro che fa sì che ilsoggetto non resti incastrato nel miraggio dello specchio, come Narciso che cerca disperatamente di unirsi alla sua immagine speculare.
André Green ci parla nel suo libro “Narcisismo di vita, narcisismo di morte” di una particolare forma di narcisismo patologico, il narcisismo morale. Questa forma di narcisismo è messa in relazione dall'autore con il “masochismo morale” di cui ci parla Freud. Green per differenziare il masochismo dal narcisismo prende ad esempio i miti di Edipo e di Aiace, questi due esempi ci mostrano un diverso investimento oggettuale. (Green 1983) “Edipo, ovvero l'investimento oggettuale di un oggetto che, causa la trasgressione, è generatore di colpa; Aiace, ovvero l'investimento narcisistico di un oggetto che, causa la delusione, genera la vergogna.” (pag.216).
Aiace eroe greco, come ci racconta Sofocle, dopo la morte di Achille spera di avere assegnate le sue armi, come eroe più valoroso; in realtà le armi di Achille vengono assegnate ad Ulisse, ritenuto per la sua astuzia il più pericoloso. Aiace, sentendosi profondamente offeso per tale scelta, decide di vendicarsi, giustiziando gli Atridi, Agamennone e Menelao, e catturando Ulisse per ucciderlo. Ma Atena, offesa da Aiace che aveva rifiutato il suo aiuto per la guerra contro i Troiani, lo fa diventare pazzo. Quindi Aiace, ormai folle, uccide intere schiere di greci invece di uccidere i suoi nemici. Dopo la strage Aiace ritrova la ragione e comprendendo ciò che ha fatto, prova un grande dolore e una profonda vergogna per non essere riuscito ad ottenere ciò che riteneva di meritare neanche con la forza. Quindi si uccide impalandosi sulla spada di Ettore. Edipo è invece l'esempio della colpa: si accecherà ma rimarrà in vita. Edipo è infatti legato ai suoi oggetti, perché grazie ad essi può vivere. “«Non appena c'è da prendere un colpo, dice Freud, il masochista porge la sua guancia». Questo non è il caso del masochista morale. Potremo dire parafrasando Freud:«Non appena c'è da rinunciare a qualche soddisfazione, il narcisista morale si offre come volontario »”. (pag.219).
Nel masochismo il soggetto viene umiliato, ridotto alla passività, è necessaria quindi la presenza dell'altro; cosa che non avviene nel caso del narcisista morale che rinuncia al mondo, è solo, rinuncia sia al piacere che al dispiacere: il narcisista morale è rimasto fissato alla sua megalomania infantile e si protende sempre verso la realizzazione del suo ideale dell'Io. Quindi il narcisista morale non ha sentimenti di colpa ma sentimenti di vergogna perché non è come vorrebbe essere; l'ideale dell'Io rimane per sempre irraggiungibile. Il masochista morale mantiene il rapporto con l'oggetto attraverso il senso di colpa che lo induce all'autopunizione e alla ricerca del dispiacere. Il narcisista morale cercherà per raggiungere il suo ideale di diminuire progressivamente le sue relazioni oggettuali, per giungere ad essere migliore tramite la rinuncia. Ma le pulsioni premono per il soddisfacimento che deve necessariamente passare per l'oggetto. Quindi il soggetto investe narcisisticamente l'oggetto, ma questa non è una soluzione perché quando l'oggetto non sarà presente la depressione prenderà il sopravvento.
I meccanismi di difesa del narcisista morale si trovano in una via di mezzo tra: il rigetto freudiano o la forclusione lacaniana, cioè il rifiuto totale di conoscere che espelle la pulsione, che ritorna attraverso il reale, e il diniego cioè la rimozione della percezione; questa struttura della personalità quindi è vicina alla psicosi.
Green ci descrive anche un'altra tipologia di narcisismo legato al lutto della madre gravemente depressa con cui il bambino si identifica. “La madre morta di cui ci parla l'autore è una madre psichicamente morta, ma che comunque continua a prendersi cura del bambino. L'autore ci dice che il complesso della madre morta si evince dal transfert, infatti il soggetto in analisi non presenta i sintomi di una depressione ma lamenta difficoltà nella vita affettiva e lavorativa. Con il termine “depressione di transfert” Green ci dice che il soggetto presenta una depressione solo nel transfert. Il soggetto racconta eventi vissuti nell'infanzia che farebbero pensare ad una forma depressiva, ma questi sembra non riconoscerla, ciò che emerge in analisi è l'impossibilità per il soggetto ad amare e a realizzarsi nel lavoro, una profonda insoddisfazione di se stesso. La depressione si manifesterà in modo evidente solo nel transfert come la ripetizione di una depressione infantile; questa depressione non è riferibile a una perdita reale dell'oggetto, la madre è presente ma depressa, c'è stato un cambiamento improvviso dovuto a un lutto della madre. Perdita di un parente, un figlio, od anche una profonda delusione da cui deriva una ferita narcisistica, quale ad esempio un'umiliazione subita in seguito al disinteresse del padre del bambino nei sui confronti. Si è verificato un cambiamentonella relazione fra madre e bambino, il lutto improvviso della madre cambia la preesistente relazione felice fra la madre e il figlio, il bambino che si era sentito amato adesso si sente abbandonato, non capisce le ragioni del disinvestimento materno nei suoi confronti, la perdita improvvisa dell'amore materno procura una ferita narcisistica.
Il bambino che si percepiva come il centro dell'interesse della madre interpreta l'accaduto come conseguenza delle sue pulsioni nei confronti della madre. Egli cercherà di riparare il lutto della madre, ma invano, quindi temendo di perdere oltre l'amore della madre la madre stessa attuerà: “il disinvestimento dell'oggetto materno e l'identificazione inconscia con la madre morta. […] Da questa operazione di disinvestimento dell'immagine materna, non dobbiamo arguire nessuna distruttività pulsionale. Il suo risultato è la formazione di un “buco” nella trama delle relazioni d'oggetto con la madre: proprio come il lutto della madre modifica il suo atteggiamento fondamentale nei confronti del figlio, ch'essa si sente impotente ad amare, ma che continua ad amare, continuando ad occuparsi di lui. Ma come si dice, “senza metterci l'anima”. (pag. 276).
A questo punto il bambino si identificherà alla madre per tentare di ristabilire un'unione e di continuare a conservare l'oggetto diventando l'oggetto stesso. Questa identificazione che comporta la rinuncia all'oggetto e la sua conservazione si produce con modalità cannibalica ed è del tutto inconscia. Le successive relazioni del soggetto si svolgeranno secondo la coazione a ripetere, disinvestendo l'oggetto che si presume stia per deludere.
Oltre alla perdita dell'amore c'è la perdita di senso, il bambino non capisce il motivo che ha fatto allontanare la madre emotivamente da lui e, anche se dovesse attribuirsi la responsabilità del cambiamento della madre nei suoi confronti, questo cambiamento è troppo grande rispetto alla colpa che il bambino può attribuirsi. Il responsabile del cambiamento della madre è sconosciuto. Si produce quindi una triangolazione precoce dove accanto alla madre c'è l'oggetto sconosciuto del lutto, che viene a coincidere con il padre. Quindi si crea un Edipo precoce. 
“C'è stato incistamento dell'oggetto e cancellazione della sua traccia per disinvestimento, c'è stata identificazione primaria con la madre morta e trasformazione dell'identificazione positiva in identificazione negativa, cioè identificazione non con l'oggetto, ma con il buco lasciato dal disinvestimento. E' questo vuoto, quando un nuovo oggetto viene scelto per occuparlo, che, periodicamente , si riempie e di colpo si manifesta con l'allucinazione affettiva della madre morta.” (pag.281).

Bibliografia

Freud S. (1914) Introduzione al Narcisismo, Bollati Boingheri, 

Torino. Green A. (1983) Narcisismo di Vita Narcisismo di Morte, Borla, Roma.

Lacan J. (2021) Scritti Volume I Einaudi, Torino.

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